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...E il naufragar m'è dolce in questo mar, Angst, Sentimentale; Long Fic, Giallo, Hotch/Prentiss, spoiler 4x01 - 4x03

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view post Posted on 14/2/2009, 09:46
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Mars

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AUTORE: Faith & fra235
TITOLO: ...E il naufragar m'è dolce in questo mar
RATING: Giallo
GENERE: Angst, Sentimentale
PERSONAGGI/COPPIA: Hotch/Prentiss
SPOILERS: 4x01 - Mayhem, 4x03 - Minimal Loss
DISCLAIMER: I Personaggi non ci appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
NOTE: La dedichiamo a Milla, perchè le vogliamo tanto bene! Ed è anche per tutti i voi, fans sfegatati di Criminal Minds.

Il titolo è tratto dall'Infinito di Leopardi. La canzone di sottofondo è Chasing Cars degli Snow Patrol.
COMMENTI: http://criminalmindsitalianforum.forumfree.net/?t=36848301




<<quivi sospiri, pianti e alti gusi
Risonavan per l’aere senza stelle,
per ch’io al cominciar lagrimai.
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suo di man con elle
facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira.>> (*)

<<qui sospiri, pianti e forti lamenti
Risuonavano in quel cielo buio per la mancanza della luce
Per cui io, udendoli per la prima volta piansi.
Lingue diverse, orribili pronunce,
Parole di dolore, esclamazioni di rabbia,
voci forti ed arrochite e un battere di mani con quelle
determinavano un tumulto che, in quel cielo
eternamente buio, risuonava sempre,
come la sabbia quando soffia il turbine>> (*)


Come sempre quando rientrava dal lavoro, aveva acceso la radio.

Quella sera in particolare, si sentiva più sola che mai, le sembrava che la casa fosse gigantesca e la stesse per inghiottire nel suo silenzio.

Le ferite bruciavano ancora, e anche se non erano gravi, si sentiva a pezzi. Non capita tutti i giorni di essere presa in ostaggio dal leader di una setta religiosa e di essere presa a pugni fino a sputare sangue.

Si sarebbe ripresa, ma c’era una malinconia nell’aria che non voleva andarsene, forse anche perché tutte le canzoni che venivano trasmesse dalla radio, le ricordavano momenti speciali passati con lui.

Lui.

Il loro rapporto non era mai andato oltre il lavoro e qualche cena con i colleghi, ma percepiva un legame ben più profondo.

Sapeva che si fidava di lei; lei che aveva rinunciato al suo lavoro piuttosto che infangare lui e la sua reputazione.

Non l’avrebbe mai tradito, era certa che lo sapesse. Ed era convinta che sapesse anche che, quel giorno, le sue parole erano rivolte a lui.

Posso sopportarlo.

Certo, era un modo per comunicare al team di aspettare ad agire, ma soprattutto voleva dirgli di non preoccuparsi per lei, ce l’avrebbe fatta.

Non doveva soffrire.

Si era già punito troppo a causa delle sue vicende personali, per il fatto di non essere presente nella vita di suo figlio come avrebbe voluto.

Non doveva soffrire anche per quello, non doveva portare un altro peso sulle spalle. Era il suo fardello personale e ci avrebbe convissuto lei, non c’era nessuna ragione per cui lui dovesse sentirsi in colpa.

Il campanello fece spegnere lentamente le macchine di pensieri che si rincorrevano nella sua testa e la costrinse ad alzarsi.

-Posso entrare?-

Aveva già visto quella scena, e come in un flashback gli fece un semplice cenno di assenso.

-Volevo solo assicurarmi che stessi bene.-

-Non è così grave come sembra.- le stesse parole che aveva detto a Reid. Abbassò lo sguardo.

-Sei scappata subito dopo il nostro arrivo a Quantico, temevo ti fossi sentita male.-

Emily rialzò lentamente la testa, e lo fissò negli occhi.

-Oh no, è che avevo bisogno di riposo. Mi dispiace che tu ti sia preoccupato. – gli rispose sinceramente.

-D’accordo.- disse quasi sottovoce mentre si dirigeva verso l’uscita.

-Hotch, aspetta…-

Aaron si voltò verso di lei, mentre attendeva che continuasse il suo discorso.

- Io, ecco volevo dirti… - le parole non volevano uscire e non sapeva nemmeno lei da dove cominciare.

Le note lentamente si diffusero nella sala e con quella canzone che la radio, la sua amica di tanti pomeriggi solitari, aveva voluto regalarle, forse sarebbe riuscita ad esprimere ciò che provava.

-Ho paura di spegnere la luce … di addormentarmi!
Non voglio svegliarmi ed essere ancora là, legata e immersa nel buio.
Non voglio restare sola! –

We'll do it all
Everything
On our own
We don't need
Anything
Or anyone


Hotch fissò la radio, sollevò la testa e guardò Emily negli occhi:

-Emily, è normale. Hai subito un shock, ci vorrà un po’ prima che tu ti riprenda completamente. Siamo persone in fin dei conti, e anche se crediamo di essere impassibili nei confronti di determinati eventi, certe situazioni ci rimangono impresse. –

-Probabilmente hai ragione tu.- disse, poco convinta.

Hotch notò che le sue parole non l’avevano rassicurata del tutto:

-Se ti senti più tranquilla, posso farti mettere un agente di guardia qui fuori.-

If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me and just forget the world?


Aaron fissò di nuovo la radio, le parole che la canzone aveva appena fatto risuonare nell’appartamento continuavano a rimbalzargli nella testa. Gli sembrava troppo azzardato dire a Emily una cosa del genere.

La donna sembrò indovinare i suoi pensieri e lo anticipò:

-Potresti fermarti tu qui, questa notte! La casa è enorme e ho tante di quelle stanze libere.- abbozzò un sorriso.

Hotch si ricordò tristemente che ad aspettarlo a casa non c’era nessuno, se non il silenzio. Pensò che lui e Emily erano due anime sole, che avevano disperatamente bisogno di un po’ di compagnia.

-Certamente.-

-Grazie.- glielo disse quasi sussurrando. – Vado a prepararti la camera.- continuò.

- Non ce n’è bisogno, il divano andrà benissimo.-

-Beh, visto che I divani sono due, uno diventerà il mio migliore amico per questa notte, ti posso dare una tuta da ginnastica di James, così starai più comodo.-

I don't quite know
How to say
How I feel


Aaron non rispose, semplicemente inclinò la testa di lato e la guardò. Aveva avuto paura di perderla quel giorno. Era una sensazione tremenda e non avrebbe mai voluto riprovarla. Si era sentito impotente e combattuto: da un lato sarebbe entrato di corsa per tirarla fuori di lì, dall’altro sapeva benissimo che avrebbero rischiato la perdita di troppe vite.

Per un istante, aveva detestato la sua etica professionale.

Emily uscì dalla stanza per andare a prendere le coperte e i cuscini.

Quando Emily si fu allontanata, iniziò a guardare i libri della libreria, e le foto appoggiate su di essa.

C’erano libri di diverse tipologie, come “Guerra e Pace” di Tolstoj, “Ulisse” di Joyce, “Delitto e Castigo” di Dostoevskij, “Orgoglio e Pregiudizio” Di Austen “la Divina Commedia” di Alighieri; “Il vecchio e il mare” di Hemingway prese dalla libreria proprio il romanzo dell’autore statunitense e lo aprì, dal centro ne cadde una fotografia: una giovanissima Emily abbracciata a un ragazzo. In quella foto Prentiss, non avrà avuto più di 20 anni!

-Chissà se è James quello rappresentato nella foto. - si disse tra se e se Hotch.

Ritirò la foto più o meno dov’era caduta, chiuse il libro e lo ripose nella libreria.
Hotch si soffermò sulle foto, vide molte foto di Emily con la madre, in vacanza su una spiaggia messicana, a Londra, Mosca, Barcellona Parigi e Venezia...

Ma una cosa lo incuriosiva, nella libreria di Emily mancava un libro:

“Il Paradiso” di Alighieri!
Sugli scaffali della libreria c’erano “L’inferno” e “Il Purgatorio”
... ma mancava “il paradiso”!

Si guardò intorno, cercando anche nei ripiani più alti della libreria, mettendosi in punta dei piedi
Nulla!

-Cosa stai cercando? Un libro da leggere?-

Chiese Emily alle sue spalle.

-Manca “Il Paradiso” di Dante. - disse lui.

-Sarà su qualche altro scaffale.- rispose Emily sbrigativamente.

Prese il telecomando e spense la radio. La casa piombò di nuovo nel silenzio, ma quella canzone continuava a tormentare i pensieri di entrambi.

Si accoccolò sul divano, mentre stringeva le gambe al petto e si avvolgeva nella coperta. Aaron si tolse la giacca e si sedette sull’altro.

Those three words
Are said too much
They're not enough


-Quel giorno, a New York, ho temuto davvero di non rivederti più, ho vissuto momenti di panico. – Emily abbassò lo sguardo, non era stato facile dirlo ma l’aveva fatto. Pensava che tra di loro ci fosse qualcosa di più della semplice stima tra colleghi, ma sapeva anche che per lui non era facile lasciarsi andare.

Hotch non poteva più nascondersi dietro la barriera del lavoro, Prentiss l’aveva fatta crollare con un inciso. Doveva riuscire a ricostruirla, non era ancora pronto per dimostrarle quello che realmente provava.

- Ho avuto paura oggi, se fosse successo qualcosa di grave a te, o a Reid...-

Emily fece un cenno di assenso e si sdraiò, poi chiuse gli occhi. Non c’era nessun motivo per continuare la discussione.

La casa era immersa nel buio, e Aaron poteva percepire il respiro regolare di Emily che stava dormendo profondamente. Probabilmente se lui non fosse stato lì, non sarebbe riuscita a rilassarsi in quel modo.

Let's waste time
Chasing cars
Around our heads


Sapeva benissimo che provava qualcosa di più per lei, non era semplice affetto per una compagna di squadra. Lei si era dimessa quando la Strauss le aveva chiesto di screditarlo. Era assoluta fiducia nei suoi confronti. Quando gliel’aveva chiesto, era salita ancora una volta su quell’aereo con lui, senza esitare.

L’aveva accompagnato ai funerali di Kate.

E quella sera, gli aveva detto che aveva temuto di non rivederlo più dopo l’attentato di New York.

I need your grace
To remind me
To find my own


La guardava, era illuminata soltanto da qualche raggio di luna.

Era molto bella, e quando dormiva lo era ancora di più. I suoi lineamenti erano distesi e davano un tocco quasi regale al suo viso.
Avrebbe potuto avere tutto dalla vita, eppure aveva scelto un lavoro come il loro.
La adorava proprio per questo: aveva fatto la scelta difficile.
Aveva preso la decisione che le avrebbe complicato la vita e per questo aveva tutta la sua stima.
Le sfiorò il viso con una delicata e leggerissima carezza, lei si mosse appena!
Aaron si distese sul divano, con indosso una tuta da ginnastica che non gli apparteneva, ma le sembrava di essere a casa.

Emily, iniziò ad agitarsi nel sonno!
Sudava e si dimenava.
Prontamente Aaron le si avvicinò, le prese la mano, nella speranza che un contatto umano la calmasse; ma Emily si mise improvvisamente a sedere!
Era madida di sudore e il respiro era affannato.
Gli occhi erano sbarrati, e guardavano qualcosa che in realtà non c’era.

Edited by ~Faith On Mars~ - 14/2/2009, 11:19
 
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fra235
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Aaron non sapeva come approcciare l’amica/collega nel tentativo di calmarla;

- Posso sopportarlo!-

Le mise un braccio attorno al collo e la strinse a sé, un abbraccio di protezione, caldo e ristoratore,
per proteggere qualcuno dai brutti momenti che talvolta la mente può far passare.

-Lo so! Tranquilla.-

Le ripeteva, accarezzandole la testa.

Quando lei smise di tremare, si scostò dalla ragazza, la guardò in viso, le spostò i capelli dal viso e le disse.

-Vado a farti una tisana.-

-Grazie Jimmy!- le rispose Emily.

Aaron si allontanò, senza farle notare che lui non era Jimmy!

Quando tornò, con una tazza fumante di tisana al biancospino, Emily si era addormentata.

La coprì con delicatezza e bevve lui la tisana che aveva preparato.

Il mattino successivo, Emily arrivò prima di Hotch in ufficio; lo andò a cercare, ma non c’era.

-Non è ancora arrivato!-

Le disse Rossi alle sue spalle.

-Doveva passare da casa, prima di venire in ufficio.-

Emily si limitò a fare un sorriso di circostanza.

-In sala riunioni!- Annunciò JJ.

-Abbiamo un caso!-

-Un uomo uccide persone diverse, di ceto, razza ed età differenti; qui, a Georgetown. -

Iniziò a spiegare JJ.

-… e chi ci dice che è lo stesso uomo?-

Chiese Rossi.

-Vicino ai cadaveri sono state ritrovate delle frasi in latino.-

JJ, mostrò sul maxi schermo della sala riunioni una delle frasi.

Reid lesse a voce alta la frase:

<< O tu che vieni al doloroso ospizio>> Disse Minòs a me quando mi vide [...] << Guarda com’entri e di cui tu ti fide; non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!>> (*)

<<o tu che giungi a questo luogo>>
Disse Minosse quando mi vide
[...]
<<stai attento a come entri e di chi ti fidi
non ti inganni l’ampiezza dell’entrata>> (*)



-Non è latino! È una forma di italiano più evoluto rispetto al latino utilizzato in epoca romana; si tratta di lingua volgare italiana; il parente più prossimo dell’italiano moderno!- Disse Reid.

-E’ lingua volgare toscana!- lo corresse Rossi.

-E quelle sono terzine della Divina Commedia di Dante Alighieri.- Aggiunse David.

-Infatti questa è la conclusione alla quale sono arrivati gli investigatori di Georgetown, legando queste terzine al primo libro della trilogia: l’inferno. -

Spiegò JJ.

-In realtà, tre libri compongono la Divina Commedia, ma non si tratta di una trilogia di libri. Essa è stata scritta per essere letta tutta insieme, e non in tre tempi diversi; infatti il titolo originale era “Commedia”, che identificava il viaggio di Dante attraverso i tre stati dell’aldilà. Il termine “Divina” è stato poi aggiunto in un secondo tempo, quando il Boccaccio definì l’opera del contemporaneo….-

-Reid! Abbiamo capito!- lo zittì Morgan.

Nel frattempo Hotch era entrato in sala riunioni, si era cambiato gli abiti e si era sbarbato;

Emily non poté fare a meno di notare che c’era qualcosa di diverso in Aaron.

Nel momento in cui la guardò e la salutò con un cenno del capo, lei non sostenne il suo sguardo e con la scusa di leggere il file, si rifugiò nella lettura.

Ricordava perfettamente di averlo sentito quando la abbracciava, proprio quel contatto fisico le ha permesso di calmarsi, dopo aver sognato ancora Cyrus che la picchiava.

E mentre ripensava alla notte appena trascorsa, si rese conto che dopo l’incubo lo aveva ringraziato per il suo supporto, per il suo abbraccio di protezione….


Auch!


Emily realizzò anche di averlo chiamato Jimmy!

Jimmy… l’ultima persona a cui aveva permesso di proteggerla e di abbracciarla, che stupida era stata ad aver chiamato Hotch Jimmy.

Chissà cosa aveva pensato lui.

Era un sacco di tempo che non ripensava più a James, chissà come stava.
Chissà dov’era finito!

-Ok! Possiamo muoverci con i SUV, dato che praticamente stavolta lavoriamo quasi a casa.! Pronti a partire tra mezz’ora!-
Disse Hotch, afferrando il file che avrebbe letto in auto.

Hotch lasciò che il team si allontanasse e poi chiamò Emily nel suo ufficio.

Emily si avvicinò a passi incerti all’ufficio di Hotch.

Si sentiva tremendamente in imbarazzo dopo la notte precedente.

La porta era aperta, bussò con un tocco leggero, mentre Aaron sollevò lo sguardo e le fece cenno di entrare.

-Se non te la senti, posso darti qualche giorno di pausa. –

- Hotch, sto bene. Verrò con voi a Georgetown.-

Aaron annuì senza aggiungere nulla e Emily si voltò per uscire dal suo ufficio, ma a un certo punto si fermò:

-Ti chiedo scusa per questa notte. Non avr…-

Hotch interruppe il suo discorso sul nascere:

- Eri sotto shock, non hai bisogno di scusarti. –

Emily fece un cenno con il capo e si allontanò.

Avrebbe voluto raccontargli di Jimmy, di ciò che avevano passato insieme.

Sentiva il bisogno di raccontarlo a qualcuno e sentiva che Aaron era la persona giusta.

Forse non era ancora pronto, ma sapeva che prima o poi lo sarebbe stato.



Erano appena arrivati a Georgetown dove il comandante della polizia locale li stava aspettando fuori dal commissariato.

C’era il sole e non faceva nemmeno tanto freddo, questa era una delle poche notizie buone che avrebbero ricevuto durante tutta la giornata.

-Ben arrivati, sono il comandante Bartlett.-

Hotch gli strinse la mano:

-Agente speciale Aaron Hotchner.
L’agente Prentiss, Morgan, Rossi, Jareau e il dottor Reid.- continuò introducendo il resto della squadra.

-Seguitemi.-

Bartlett li fece accomodare in una saletta del commissariato dove potevano lavorare indisturbati.

-Ho chiamato i famigliari delle vittime come mi avevate chiesto, arriveranno a breve.- disse il comandante.

-Ci penso io.- replicò JJ mentre si dirigeva fuori dalla stanza.

Il team iniziò ad analizzare la documentazione, i referti del medico legale, le foto della scena del delitto.

Il tutto faceva apparire l’omicidio di Jonathan Glandies, avvocato di colore di 55 anni, e di Florian Virdianu operaio edile di 30, come un omicidio passionale.

Entrambi gli omicidi appaiono come omicidi passionali, l’arma del delitto è stata presa e lasciata sul luogo del delitto.

- Glandies, è stato ucciso con un colpo inflitto da un taglia carte preso dalla sua scrivania, e il messaggio è stato lasciato sul monitor acceso del computer.

Non ci sono segni di effrazione nell’ufficio dell’avvocato, né su i tasti del computer.

Sono stati ritrovati una scatola di preservativi intatta e un paio di preservativi usati nel bagno privato dello studio;

I donatori, sono lo stesso Glandies e la sua segretaria. -

Riassunse Rossi.

-… ma Glandies era sposato da trent’anni, e la sua segretaria ne aveva appena 28!- ribatté Reid.

-Direi che il nostro avvocato divorzista aveva un hobby.- rispose Rossi ammiccando.

-L’altro omicidio, Florian Virdianu, - Proseguì Morgan
– un operaio edile di tren’anni stava rientrando da una serata passata con gli amici in uno strip club, per festeggiare l’addio al celibato di uno di questi.

Anche in questa occasione l’arma è improvvisata, un mattone da costruzione gli ha fracassato il cranio-

riassunse Morgan.

<<la prima di color di cui novelle
Tu vuò saper” mi disse quelli allotta,
“fu imperadrice di molte favelle.
A vizio di lussuria fu sì rotta, che libito
fè licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta. >> (*)


<<la prima di quelle di cui vuoi
sapere notizie”, mi disse egli allora
“fu regina di popoli di diverse lingue
fu così dedita alla lussuria, che
nella sua legge, rese lecito il vizio,
per evitare il biasimo di cui era incorsa>> (*)


Lesse Reid a voce alta.

-in questo caso, il messaggio è stato scritto con un gessetto per tracciare su un muro in costruzione!- Disse Reid.

- … un avvocato che tradisce la moglie, un operaio che esce da un locale per soli adulti ed in entrambi i casi delle frasi che rimandano a “L’inferno” Dantesco, potrebbe essere un SI che si crede predestinato a fare pulizia dei mali del mondo!-
Commentò a voce alta Rossi.

- effettivamente, il cerchio infernale dei lussuriosi, è il primo incontrato da Dante e Virgilio dopo il loro ingresso nell’inferno, il primo vero cerchio dedicato ai peccati capitali, dopo l’Antinferno che ospita gli Ignavi e il Limbo, che ospita gli spiriti Magni.

Ma ha ucciso due persone per lo stesso peccato! Forse non vuole liberare il mondo dai peccati, ma solo dai lussuriosi;

Egli stesso nella frase del secondo delitto fa riferimento al peccato della lussuria.-

disse Reid.

- e se uccidesse solo lussuriosi?

Un fedifrago, un frequentatore di locali per adulti … la prossima vittima potrebbe essere legata in qualche modo al mondo della lussuria- intervenne Prentiss.

- una prostituta? Una ballerina di Lap Dance? Possono essere molte le persone legate alla lussuria, per lavoro o solo perché nella mente dell’SI hanno uno stile di vita che non collima con i suoi ideali.

Rientrano nella fascia a rischio anche gli omosessuali, i gestori di bar notturni, i frequentatori di prostitute … praticamente tutti o quasi sono legati più o meno al peccato della lussuria.-
disse Hotch.
-Io e Prentiss andiamo sul luogo del primo omicidio, Rossi e Morgan andate a parlare con il gestore del locale dove la seconda vittima ha passato la serata, può aver notato qualcosa di utile.

Reid esamina di nuovo i messaggi e cerca di capire quale sarà il prossimo obiettivo più probabile e cerca qualsiasi informazione sulle vittime insieme a Garcia e JJ. –

continuò Aaron, mentre raccoglieva la sua giacca e usciva dalla stanza, seguito da Emily.

Lasciarono il commissariato e Hotch si mise alla guida del SUV per dirigersi nello studio di Glandies.

Emily era turbata, ma non voleva accennare alla sera prima.

-C’è qualcosa che non va? –
le chiese Aaron.

-No.. è che… Insomma, non ti sembra strano che il nostro SI lasci sulla scena del crimine delle citazioni tratte da Dante, che è stato l’argomento di una nostra conversazione ieri?-
gli rispose, tenendosi sul vago.

- E’ una coincidenza. Non lasciarti influenzare. –
disse laconico Hotch.

- Forse hai ragione.-
sussurrò non molto convinta Emily.

- Se hai bisogno di due giorni, te li posso dare…-

-Sto bene Hotch.-

Fortunatamente erano arrivati sul luogo del primo omicidio, la conversazione poteva dichiararsi chiusa.

C’erano ancora le strisce della scientifica che indicavano che lo studio non era accessibile al pubblico.

Fu sufficiente mostrare il loro distintivo per ottenere il lasciapassare.

La segretaria era ancora visibilmente sconvolta e il suo sguardo viaggiava da una parte all’altra della stanza come se fosse in cerca di qualcosa.

-Parlaci tu, se vedrà una donna si sentirà più rilassata e collaborerà.-
sussurrò Hotch all’orecchio di Prentiss.

-Buongiorno.-
le disse Emily avvicinandosi.

- Sono l’agente Emily Prentiss, e lui è l’agente Aaron Hotchner. Siamo qui per farle qualche domanda a proposito del Signor Glandies.-

La donna sollevò lo sguardo e si asciugò una lacrima:

- Era un bravo avvocato.-

- Ha notato qualcosa di strano in questi ultimi giorni?-

-No.. Voglio dire, lavorava come sempre fino a tardi. Mi chiedeva di sistemargli i documenti. Era molto disordinato, mi diceva sempre che senza di me l’ufficio sarebbe rimasto sottosopra e non sarebbe riuscito a trovare più nulla.-
disse la donna con la voce strozzata dal pianto.

-Comprendiamo il suo dolore, ma se riuscisse a ricordare qualcosa…-
cercò di dirle Hotch.

-A me sembrava tutto così normale. – sussurrò la segretaria.

Emily guardo Aaron, e capì che era arrivato il momento di giungere al sodo:

-Aveva una relazione con Glandies vero?-

La donna la guardò stupita, cercando di simulare un’espressione offesa.

-Abbiamo trovato il suo DNA su un profilattico usato, e c’era anche quello dell’avvocato.-

-Andava avanti da circa un anno… Si sentiva terribilmente in colpa per la moglie, ma diceva che non poteva fare a meno di me, avevo portato una ventata di freschezza nella sua vita.-

Hotch le tese un bigliettino da visita, sapeva che non avrebbero ricavato altre informazioni utili.

Quando furono usciti dallo studio, Emily ebbe la sensazione che qualcuno li stesse osservando, ma cercò di ricacciare indietro quell’impressione.

-L’SI studia le sue vittime, esamina la loro routine e le colpisce quando sono sole e lontane da tutti. Potrebbe essere un’analisi condotta anche per mesi, se il nostro soggetto ignoto sapeva che Glandies aveva un’amante, questo può significare due cose: o lo conosceva intimamente, oppure ne aveva studiato le abitudini.-

-E’ qualcuno che passa inosservato, non viene notato dalla folla, è una persona assolutamente normale con nessun tratto caratteristico. Osserva in silenzio le sue prede ed è arrabbiato con il mondo perché non viene considerato. Si sente importante e deve trovare un modo per dimostrare che vale qualcosa.- continuò Hotch.

-Probabilmente non ha niente in comune con le vittime, ma le ha indicate come non meritevoli di ciò che hanno.

Potrebbero aver commesso un torto involontariamente, potrebbero avergli risposto male in posta o sulla metropolitana. –

Hotch assunse un’espressione preoccupata.

-Potrebbe essere chiunque.-

Emily si voltò di scatto, era sicura che ci fosse qualcuno che li osservava da lontano.

Ad un tratto lo vide.

No, non poteva essere lui, non ora.

Le coincidenze cominciavano davvero ad urtare il suo sistema nervoso.

Vide che andava a grandi passi verso di lei.

-Che succede?- le disse Aaron, notando la sua irrequietezza.

-E’ meglio che andiamo. – rispose iniziando a camminare.

-Emily, Emily!-

Hotch si voltò e vide un uomo che assomigliava tanto al ragazzo che aveva visto in foto a casa di Prentiss.

Emily tentò di allontanarsi velocemente.

-Cos’è? Adesso fai finta di non conoscermi?
Cosa credi?
Che non ti abbia vista ieri sera a casa tua con lui? –

Quando sentì questa frase, benché già due poliziotti stessero intervenendo per tenere lontano lo sconosciuto, Hotch si fermò improvvisamente.

Si voltò.

E con andamento minaccioso si diresse verso l’uomo, che nel frattempo stava cercando di forzare il cordone di polizia.

- Chi sei?- domandò con una rigidità e un tono da “poliziotto cattivo”.

- Chi sei tu! – gli rispose il giovane.

- Aaron Hotchner! FBI– disse
 
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- Adesso te la fai pure con i colleghi?- rispose il giovane in evidente stato di alterazione.

Emily si avvicinò ad Hotch, con l’intento di parlare, ma Aaron la fermò con la mano.

Appena Hotch sfiorò Emily, l’uomo reagì, forzando il cordone della polizia ed avventandosi su Hotch.

Lo colpì con un pugno alla mascella, un colpo che prese Aaron alla sprovvista, e si ritrovò a terra.

Nel frattempo la polizia aveva bloccato a terra l’uomo, e lo stava ammanettando.

-Hai aggredito un agente federale, sei in arresto! – disse Hotch

- Hotch! Ascolta…-

Hotch fece cenno ad Emily di lasciarlo fare, che ne avrebbero parlato dopo.

Appena saliti in auto, Hotch partì, senza parlare, senza dire nulla.

Serio.

Arrabbiato.

Si diresse fuori città, non stava andando al commissariato, stava andando esattamente dalla parte opposta.

Emily era mortificata, in imbarazzo per ciò che era appena successo, guardava il lato della bocca di Aaron che sanguinava e macchiava la camicia. Ma l’imbarazzo era troppo forte.

Avrebbe voluto spiegare, dirgli qualcosa.

Avrebbe voluto che lui parlasse, gridasse, chiedesse da chi e perché si era preso un pugno.

L’espressione di Emily, passò dall’imbarazzo alla tristezza, gli occhi le si velarono di lacrime.

Erano lacrime di dispiacere, di tristezza.

Di rammarico per non essere intervenuta in tempo, per non aver detto ad Aaron cosa e chi era quel ragazzo.

Mentre guidava, Aaron si voltò, vide che Emily aveva gli occhi carichi di lacrime.

Fermò il SUV sul ciglio della strada, in mezzo ai boschi intorno a Georgetown.

-Dovevi avvertirmi! – gli disse Aaron con voce calma e ferma.

Sganciò la cintura di sicurezza e la guardò!

Gli venne naturale posarle una mano sulla spalla, e proprio in quel momento, la lacrima che prima faceva capolino dagli occhi di Emily, si liberò e corse lungo il viso della donna, fino al mento, dove si fermò in bilico.

-Chi è? James? – domandò Aaron

Lei, finalmente, lo guardò in viso.

Tentò di toccarle la ferita al lato della bocca, ma appena gli sfiorò il viso, lui si ritrasse con una smorfia di dolore.

-Scusa!- le disse.

-non ti preoccupare, era da un po’ che non facevo a pugni per una donna!- disse Hotch.

Si riallacciò la cintura, senza aspettare che Emily rispondesse alla sua domanda, né che dicesse nulla in assoluto.
Quando se la sarebbe sentita, lui l’ avrebbe ascoltata!

Anche stavolta, Hotch non prese la strada che conduceva al commissariato.

Appena entrato in città, girò verso una zona residenziale, fatta di villette singole, ognuna con un giardino davanti, il garage e il canestro sul portone del garage. Sembrava di passare per le strade di quelle serie televisive degli anni 80, dove tutto è tranquillo e dove tutto si risolve; dove il prato è verde, il cielo è sempre azzurro, e il marito rientra a casa tutte le sere alla stessa ora, baciando la moglie che cucina torte di mele e giocando con i figli a baseball sul prato inglese davanti a casa.
Si fermò davanti ad una di quelle villette, e disse.

-Dai, entra! Ci beviamo un caffè in pace mentre mi cambio e poi torniamo al lavoro.-

Emily scese con timidezza dall’auto ed entrò in casa.

Hotch si cambiò la camicia e mentre preparava il caffè, Emily si sentì libera di parlare, di avvicinarsi a lui e di fermarsi a pensare cosa era accaduto.

Cosa era accaduto con Cyrus, con Aaron la sera precedente, con Jimmy quel giorno e di nuovo con Aaron neanche mezz’ora fa.

Si sedette stancamente su una delle sedie che contornavano il tavolo della cucina e cercò le parole per iniziare a spiegare, per liberarsi del suo passato che era stato chiuso per troppo tempo in una cassaforte.

- Ero una ragazza sola e James.. beh lui era solo quanto lo ero io. I suoi genitori erano sempre in viaggio per via dell’azienda che dirigevano e lo stesso valeva per me. Siamo cresciuti praticamente insieme. Era l’unico che poteva capirmi, sentiva ciò che provavo perché ne faceva l’esperienza sulla sua pelle.- Emily sussultò e Hotch si girò per guardarla, ma sapeva che ormai voleva raccontare tutta la storia. Sentiva il bisogno di condividerla con qualcuno, e Aaron era la persona giusta.

- E’ stato naturale per noi innamorarci. Andavamo pazzi l’uno dell’altra. E’ stato intenso, anche se eravamo molto giovani e soprattutto dei grandi sognatori. – Un sorriso lieve si dipinse sulle labbra di Emily, che però restava sempre sul filo dell’emozione.

- Stavamo per sposarci sai? Mi aveva chiesto la mano in una meravigliosa notte di luna piena, sulle rive di un lago. Ma poi, beh poi i nostri castelli sono crollati in un batter di ciglia. – un lampo di tristezza le offuscò lo sguardo.

-Un mattino James mi telefonò, indovinai terrore nella sua voce. Era agitato, le sue frasi erano sconnesse. Sosteneva che erano fuori ad aspettarlo, che erano venuti per lui, ma che non si sarebbe fatto prendere. Doveva scappare ma promise che sarebbe tornato da me. –

Hotch si era fermato e si era seduto di fronte a lei.

- Gli dissi di non muoversi, che sarei corsa subito da lui. Non volevo crederci, ma sapevo esattamente di cosa si trattava. I segnali c’erano, ma li avevo volutamente ignorati.

Non doveva succedere a me, mi ero intestardita e andavo avanti felice facendo finta che non stesse accadendo.
Jimmy era sempre più confuso, non mi faceva entrare in casa sua sostenendo che mi stava preparando una meravigliosa sorpresa, ma non potevo vederne i preparativi. Mi cullavo nell’illusione. Beh, dopo quella telefonata non potevo più continuare a fingere.-

-Schizofrenia. – le sussurrò Hotch.

-Sì, e di tipo paranoide.- continuò Emily, mentre la sua vecchia ferita si riapriva a poco a poco.

-Arrivai là di corsa. La porta era barricata ed era tutto buio. Temevo si fosse fatto del male. Iniziai ad urlare il suo nome, e dopo qualche minuto mi fece entrare. – La donna fece un grosso respiro, mentre gli occhi iniziavano ad inumidirsi.
-C’erano fogli, documenti, medicine sparsi per tutta la casa. Le pareti erano ricoperte di scritte, non c’era più uno spazio che lasciasse intravedere il bianco dell’intonaco.
Me lo ricordo ancora come fosse successo ieri.
Erano deliri, pensava di essere perseguitato da un’entità superiore, c’erano delle preghiere incise e si intravedevano anche degli schizzi di sangue. Non sapevo cosa fare, mi sono sentita morire dentro. E poi beh… - Emily abbassò lo sguardo per un istante.

-Jimmy mi trascinò in camera sua, e mi mostrò un ritratto che ricopriva un’intera parete. Era la mia immagine. La mia espressione triste, coperta di lacrime. Il mio regalo.- I suoi occhi si erano appannati ancora di più, ma trattenne le lacrime.
-Riuscii a convincerlo a venire via con me e gli dissi che lo stavo portando al sicuro. James si fidò ciecamente, e io feci l’unica cosa possibile: lo portai in una clinica. – si fermò per un attimo, come per prendere fiato.

-Lo ricoverarono immediatamente e quella fu l’ultima volta che lo vidi, quando mi guardò negli occhi e mi disse che l’avevo tradito, che l’avevo consegnato al nemico. Andai a trovarlo, ma non mi volle più incontrare. Non sapevo mi stesse seguendo, mi dispiace molto per tutto quello che è successo. Volevo solo lasciarmi il passato alle spalle.- sospirò.

Una lacrima scappò al comando di Emily, andandosi a soffermare sulla guancia, indecisa se scendere o fermarsi.

Emily, cercò di girarsi, non voleva che Aaron la vedesse piangere, non due volte nello stesso giorno!

La mano di Aaron fu più veloce, e si andò a posare sulla guancia della ragazza.

Ad Emily, venne naturale accoccolare il viso nel palmo della mano di Aaron, che stava di fronte a lei; Aaron posò anche l’altra mano sul viso di Emily e lentamente le sfiorò le labbra con un delicato bacio.

Emily, si appoggiò alle braccia di Aaron, e non lasciò che lui ancora una volta scappasse.

Si soffermarono ...

Rimasero qualche lunghissimo minuto a guardarsi negli occhi, lui le baciò la punta del naso e abbracciandola le disse:
-Dobbiamo andare in centrale-

-che peccato!- le rispose lei. –stavo così bene adesso.-

- lo so. Anche io!- gli rispose Aaron.
 
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fra235
view post Posted on 22/2/2009, 10:29




Il team, era radunato in sala riunioni per un aggiornamento.

-Le frasi Dantesche, di per sé,non hanno un gran significato. Ho provato a legarle ai fatti, agli omicidi appena accaduti, ma di per sé, non hanno nulla che le lega alle persone uccise, al loro lavoro, solo il fatto che uno per un motivo e l’altra vittima per un altro motivo, erano persone che avevano a che fare con la lussuria.- Disse Reid.

- Siamo stati al cantiere dove è stato ucciso Virdianu.- disse Rossi.

-Nessuno ha visto i due litigare o allontanarsi insieme, nessuno ha visto nulla- disse Morgan.

-L’arma del delitto è stata identificata con un mattone ritrovato sul luogo, un’arma improvvisata, anche per la scritta è stato usato un gessetto che solitamente usano i carpentieri. Anche quello ritrovato sulla scena.-
Aggiunse Rossi!

-Anche l’omicidio di Glandies sembra improvvisato, ha usato un tagliacarte della vittima, ed ha usato il computer per lasciare il messaggio. – Disse Hotch.

- Ho analizzato le foto di entrambe le scene del crimine, ed entrambi i referti dei medici legali, in ambedue i casi; i delitti sembrano improvvisati, come già avete detto voi, le coltellate in un caso e i colpi inferti col mattone nell’altro caso, sono stati dati con tale violenza, che Virdianu aveva il cranio sfondato!- completò Reid.

- Il nostro SI è un esaltato, crede di operare nel nome di un ente superiore- dice Morgan

- Crimini così violenti e disorganizzati, non sono indice della collaborazione di due individui- intervenne Prentiss

- Prentiss ha ragione, se fossero due SI, sarebbero più organizzati e meno avventati. E’ un esaltato della religione o della letteratura Dantesca, uccide perchè qualcuno che sta nella sua testa, gli dice di farlo- disse Rossi.

-Nulla lega questi due delitti se non le frasi ritrovate,e il peccato di lussuria- Disse Hotch pensieroso

-Dobbiamo stuzzicarlo!- Disse Rossi

- Già ma come?- chiese Morgan

-stasera ti toccherà girare per i locali notturni di Georgetown! -
Gli rispose Rossi sorridendo!

-magari se si sente braccato, fa un errore. Lui ha bisogno di uccidere, quindi non può aspettare, e dato che l’ultimo delitto risale a tre giorni fa, sarà meno cauto.- disse Hotch

-Io e Rossi, prendiamo la zona nord della città, Morgan e Reid, la zona sud.- concluse Hotch con tono di comando.

Gli faceva male la faccia nella zona dove aveva ricevuto il pugno da Jimmy, ma faceva finta di nulla.
Nessuno aveva chiesto cosa fosse
accaduto, e lui non voleva dirlo.

- ... e io?- disse Emily

Il team, JJ compresa, si girarono a guardare la ragazza.

-No! – intervenne Hotch.

- tu hai già contribuito abbastanza con Cyrus- le disse

-Anche Reid ha subito il rapimento da parte di Cyrus...- ribatté Emily

- ma farò lo sforzo di sopportare un giro per i locali notturni con Morgan!- disse sorridendo Reid.

-Allora è deciso! Stasera ore 21, iniziamo il giro dei locali- concluse Hotch, con il tono di chi non ammette repliche.

Mentre uscivano dalla sala riunioni, Rossi avvicinò Hotch e gli disse

-Hai trovato qualcuno che non condivideva le tue idee? O un marito geloso?-

Aaron lo guardò in modo serio, senza ridere alla battuta.

-ti prego David. Non me lo chiedere.-
Rossi sorrise e si allontanò.



Emily, girava per la casa, come un animale gira nella gabbia.

Era irrequieta!

Troppi fatti quel giorno!

La notte passata sul divano, Jimmy e Aaron.

Aaron.

Quel bacio, lungo, dolce
Delicato, ma forte

Quasi a esprimere tutta l’attesa che entrambi avevano dovuto aspettare.

E quello sguardo...

intenso,

eloquente...

Con quello sguardo, si erano detti tutto ciò che non si erano mai detti...

con quel bacio avevano espresso tutto ciò che si erano sempre trattenuti di esprimere.

... e adesso?

Lei non poteva stare lì, in casa ad aspettare che uno dei membri del team si trovasse faccia a faccia con il S.I.

Emily era decisa, entrò in camera, indossò una gonna decisamente corta, un top non molto coprente, calze a rete e trucco pesante.

Lei abitava nella parte nord della città, non avrebbe neanche preso l’auto.

Mandò un SMS ad Aaron

"Sto uscendo a fare un giro. Se vedo qualcosa di strano, ti avverto!"

Si lasciò alle spalle la porta di casa e iniziò a camminare per le strade poco illuminate di Georgetown.

Se l’SI si trovava da quelle parti, l’avrebbe sicuramente notata. Si guardava intorno prestando attenzione a ogni minimo rumore e movimento sospetto, ma per il momento non era successo nulla di strano.

Stava camminando da almeno una decina di minuti quando sentì un lamento soffocato provenire da un vicolo buio.

Si avvicinò molto lentamente ed estrasse la pistola.

Poteva percepire un respiro affannato nei pressi di dove si trovava, ma non riusciva a localizzarlo con esattezza.

Si sentì afferrare da dietro, e la pistola le cadde di mano.
Cercò di dimenarsi e di colpire il suo aggressore per fargli allentare la presa, ma era molto forte e anche abbastanza alto.

Se riusciva a tenerle testa in quel modo doveva avere tra i 25 e i 35 anni, corrispondeva al profilo.

Avrebbe voluto urlare ma la mano dell’uomo le copriva la bocca, riusciva a malapena a respirare.

-Lasciala andare.- disse una voce dalla penombra. Emily la riconobbe subito: era Aaron.

-E perché dovrei? Non la vedi? Non vedi come si comporta? Non merita di vivere! – rispose l’SI, mentre si trascinava a fatica in un punto illuminato e puntava un coltello affilato alla gola di Emily.

-Butta quella pistola!- urlò contro Hotch.

– Buttala o le taglio la gola!-
Aaron posò delicatamente la pistola a terra e alzò le mani in segno di resa.

-Ora lasciala andare.- gli disse con la voce calma.

Emily sentiva il coltello freddo premere sulla sua gola sempre con più forza, da un momento all’altro l’avrebbe lacerata.

-No!- urlò l’uomo. – Non posso farlo!-

-Sì che puoi, non hai ancora fatto nulla. Puoi rimediare, lasciala.-

L’SI buttò di lato Emily che sbatté la testa contro un cassonetto dell’immondizia e cadde a terra violentemente, perdendo conoscenza.

Aaron tentò di recuperare la pistola, ma l’uomo fu più veloce di lui e la spinse via con un piede, tirando un pugno in pieno stomaco a Hotch, che si piegò su se stesso dal dolore.

L’aggressore era molto più grosso di lui: lo prese a calci e quando Aaron non poté più reagire, iniziò a legarlo e lo portò in fondo al vicolo.

Aprì il bagagliaio di una macchina e vi buttò dentro Hotch, che era svenuto.

Salì al posto del guidatore e sfrecciò via, nel buio della notte.
 
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view post Posted on 25/2/2009, 14:30
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Nuovo capitolo! :P Aspettiamo tanti commentini!


Emily riprese conoscenza dopo poco. Sentiva la testa scoppiare e il suo braccio destro stava sanguinando. Ci mise un po’ a capire dove si trovava e cos’era successo.

-Hotch!- urlò – Hotch!-

Ma di Aaron non c’era traccia. Il suo cuore iniziò a battere all’impazzata, l’ultima cosa che si ricordava era di aver sbattuto contro il cassonetto.

Vide la sua borsetta poco distante da lei, si alzò a fatica e cercò il suo cellulare.

-Sì?-

- Morgan, sono Emily!- la sua voce era agitata.

-Che succede? Tutto bene?-

-No, per niente! Io e Hotch abbiamo incontrato l’SI, ma io ho perso conoscenza e ora Hotch non c’è più!-

-Calmati, arriviamo subito. Dove ti trovi?-

-Sono in un vicolo a Nord di Georgetown, ma posso arrivare fino a casa mia.-

-No ferma lì. Non muoverti, veniamo a prenderti. Chiama Garcia, rintraccerà la tua chiamata e ce lo comunicherà. –

-D’accordo.- rispose flebilmente, ma Derek aveva già chiuso la comunicazione.

Emily chiamò Penelope e fece ciò che le era stato detto da Morgan, sapeva che tra poco sarebbero arrivati e l’avrebbero portata via di lì.

Dopo pochi minuti vide un Suv nero fermarsi vicino al vicolo. Il team la raggiunse e si sentì sollevare da terra. La testa le girava e temeva di perdere ancora conoscenza.

-Ha preso Aaron.. lui.. ha cercato di…-

-Ci racconterai tutto dopo. Ora cerca di calmarti.- disse Derek mentre l’appoggiava delicatamente sul sedile posteriore dell’auto.

*



Si risvegliò all’improvviso e non seppe dove si trovava. Vide JJ accanto a lei.
Capì di essere in un letto d’ospedale, cercò immediatamente di sollevarsi e di staccarsi tutti i tubicini che la costringevano.

-Calma, calma!- le sussurrò JJ accarezzandole la fronte. –Hai un lieve trauma cranico, ti tengono sotto osservazione ancora per qualche ora.-

- Hotch? L’avete trovato?-

JJ scosse la testa:

-Gli altri stanno cercando di capire cosa sia successo, te la senti di raccontarmi come sono andate le cose?-

Emily le raccontò tutto, almeno ciò che poteva ricordarsi. L’SI l’aveva spinta contro il cassonetto dove aveva battuto la testa, di lì in poi era tutto buio fino al risveglio.
-Ha preso Hotch perché l’aveva visto in faccia. Non poteva scappare.- disse JJ.

-Sa di essere braccato, non abbiamo molto tempo!- urlò Emily.

-Devo uscire di qui!-

Emily che solitamente era una persona dolce, in quel momento era una furia, in quel momento doveva tirare fuori le unghie e combattere. Si sentiva in colpa per quello che era successo e doveva trovare Aaron. Non poteva permettersi un altro errore.
Intervenne Rossi, che con fare autoritario, calmò Emily!

-Adesso Basta! Mi devi dire tutto ciò che ricordi sia successo, da quando siete usciti per recarvi sulla scena del primo delitto.-

Emily, si calmò.
Prese fiato,
sospirò.

-Il pugno che ha preso in faccia oggi, non ha nulla a che fare con l’SI-

Raccontò Emily tra l’emozione.

-Hotch ha fatto arrestare un uomo....-

-Si! È vero! David, credimi! fidati di me! quell’uomo non ha nulla a che fare con l’SI-
Rossi, guardò a lungo Emily, che aspettava una sua “sentenza”.

-Ok!- le prese le mani, con fare paterno.

-Adesso, se il dottore te lo concede, andiamo a far finire sta storia; e poi risolverai la storia di James. E’ in cella, ma gli stanno somministrando i farmaci.-

Rossi, aveva parlato abbastanza piano che il resto del team non sentisse, ma con un tono che rincuorò Emily.

Intanto JJ rientrò nella stanza dicendo che il dottore era contrario alla dimissione della paziente; ma che poteva concederle di uscire solo se lei il mattino successivo fosse tornata a fare una visita di controllo.

Intanto, il SI si fermò davanti una casa.

Un’insospettabile casa di periferia, mentre il SI apriva il bagagliaio, Aaron riconobbe il suo quartiere. Non fece in tempo a reagire che l'SI lo stordì con uno storditore elettrico.

Il team, si era radunato al distretto, Rossi e Reid stavano analizzando le frasi e le foto dei luoghi del delitto, compreso il vicolo dove è stato rapito Hotch.

-Non capisco- disse Reid –perchè rapire un agente federale? Con che scopo?-

-Si sente braccato!- Rispose Morgan.

- Mi ha avvicinato, ero vestita in modo provocante, volevo proprio attirarlo, trarlo in trappola- disse Emily.

-Da sola?- gli fece eco Morgan.

- Emily, devi rallentare, il rapimento ti ha lasciato uno shock post-traumatico, e tu non avresti dovuto riprendere a lavorare così presto- aggiunse JJ.

-Adesso sono qui! Sto bene! Troviamo Hotch! E poi rallenterò!-

-Cosa ricordi di quell’uomo?- chiese Reid.

-Ha detto ad Hotch, di guardarmi. Che io non meritavo di vivere visto come ero vestita, del lavoro che facevo per vivere; lo avevo convinto di essere una prostituta.-

-Sul luogo del rapimento, sono stati trovati segni di copertone tipici di un’auto famigliare,una station wagon, li montano le principali auto famigliari di fabbricazione americana- disse Garcia.

-la cosa interessante è che nei resti di terriccio che l’auto ha lasciato sull’asfalto, c’erano resti di terra argillosa, tipica della periferia nord della città. – continuò Penelope.

-Il rapimento non era previsto! Lui voleva fare il suo lavoro, ripulire la strada dalle prostitute, e tornare a casa.- disse Rossi.

-Se rapisci una persona, ma non sei organizzato, dove la porti?- continuò Dave.

- Dove ti senti sicuro, dove immagini che nessuno ti possa venire a disturbare- disse Morgan.

-Viaggia su una famigliare, che non è un mezzo ideale per un rapimento- aggiunse JJ.

-Se ritarda o non rientra, qualcuno si insospettirà- aggiunse la bionda agente.

-Quindi, andiamo nella periferia nord della città- disse Emily con impeto.-
 
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fra235
view post Posted on 1/3/2009, 17:51




Ultimo Capitolo
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I tre SUV, pattugliavano le strade del quartiere residenziale.

Erano le tre del mattino, e tutto sembrava tranquillo.

Da alcune finestre, si intravedevano le luci delle TV accese, ombre di gente seduta in poltrona che legge, guarda la tv; benchè l’ora sia decisamente tarda.

In una villetta, una coppia stava percorrendo il vialetto che portava all’ingresso, tenendosi per mano e soffermandosi ogni due passi per baciarsi.

Emily li guardò...

Un po’ gelosa della normalità di cui poteva godere quella coppia, un po’ gelosa del fatto che potessero tranquillamente rientrare in casa, mano nella mano, dandosi un bacio dopo l’altro; senza temere attacchi, rimproveri, non tanto esterni alla coppia, quanto interni.

Quanta esitazione aveva avuto Aaron prima di sfiorarle le labbra quella mattina?

Quanto aveva ragionato, prima di invitarla a casa sua, prima di sfiorarle il viso...

Lui, aveva abbattuto tutte le sue barriere, sfiorandole le labbra, lei era andata oltre, non lasciandolo scappare ancora una volta e facendo sì che entrambi si abbandonassero ad un bacio dolce, delicato e libero da qualsiasi freno imposto dal cervello e dalle regole.

Mentre era immersa nei suoi pensieri, venne destata nel notare che l’auto guidata da Morgan era ferma.

-Guarda!- le disse il collega

-Station wagon, e adesso capisco perchè ha lasciato del terriccio sul luogo del rapimento, non la parcheggia sul vialetto, ma sul prato!- Disse Morgan

-C’è la luce accesa nel semi interrato- disse Emily

-aspetta qui! Vado a vedere!- disse Morgan

–Chiama gli altri e la Swat-

Emily, questa volta, fece ciò che le era stato detto, chiamò il team e la Swat, ed attese in auto.

Iniziava a sentire dolore alle spalle, alla testa… ad articolazioni che non sapeva di avere.

Morgan tornò all’auto di corsa.

-Bingo!- disse

-hai visto Aaron? Sta bene?- chiese Emily

-No! Hotch non l’ho visto, ma quello è sicuramente il nostro uomo. Il semi interrato è tappezzato di scritture in stile gotico in quella che io definisco latino, ci sono statue ed immagini di satiri, di gente dannata, e ci sono rappresentazioni di Caronte, Minosse e altre creature orribili- disse Morgan

Arrivò la Swat, fece irruzione, ma di Hotch, non vi era traccia.

<<la dannazione del Signore si abbatterà su i peccatori nel giorno del giudizio! Noi, puri di spirito e di Animo, dobbiamo contribuire nel trovare i peccatori e consegnarli alla giustizia divina>> gridava l’uomo mentre veniva portato via.

-lui stesso, per quanto studioso e rispettoso della dottrina, ha comunque commesso un errore- disse Reid ad Emily che era al suo fianco con Rossi e JJ

-vedete, nella seconda parte della frase ritrovata sul Computer di Glandies, Minosse ammonisce Dante, dicendogli di non farsi ingannare dall’ampiezza e dalla grandiosità dell’ingresso degli inferi –

Il team osservava Reid, indeciso se lasciarlo proseguire o zittirlo.

-Secondo alcune interpretazioni, questa frase di Minosse, si rifà ad un ammonimento che Cristo fece ai suoi discepoli; in Matteo 8-13 Cristo dice ai discepoli di non percorrere la strada larga e in discesa, che porta alla perdizione, ma di percorrere la strada tortuosa ed in salita, che porta alla salvezza- (*)

Dopo questa delucidazione di Reid, il team rimase in silenzio per qualche istante

...

-Andiamo a cercare Hotch!- disse improvvisamente Rossi.

Dal fondo della proprietà, un agente della SWAT, gridò improvvisamente

<<l’ho trovato! Mandate un’ambulanza!>>

Emily si avvicinò al corpo svenuto di Aaron, era coricato sul pavimento di assi grezze del capanno degli attrezzi!

Era svenuto, e perdeva sangue dal lato della bocca, da dove Jimmy lo aveva colpito quella mattina.

L’ambulanza lo portò via, ed Emily non potè fare altro che guardarlo allontanarsi.

-tranquilla!- le disse JJ avvicinandosi

-è svenuto a causa di delle scosse provocate dal teaser, ma per il resto sembra stare bene- continuò JJ.

-Facciamo così, io ti porto in ospedale, dove ci rimani fino a domani mattina, e domani ti vengo a prendere e ti porto nell’ospedale dove è ricoverato Hotch- disse ancora JJ.

Era mattina inoltrata quando Emily si svegliò, era libera dai fili che la legavano alla macchina per i parametri vitali.

Non c’era JJ al suo risveglio, ma c’era Aaron.

-Ehi! Tu!- le disse lei

-Ehi! Tu!- le rispose Aaron

- Com’è che sei già fuori?- chiese Emily

- Mi hanno dimesso stamattina alle otto, ho la pelle durissima io!- rispose Aaron.

-Dai, preparati, che ti accompagno in ospedale, andiamo da Jimmy! – disse ancora Hotch

Aaron fermò l’auto fuori dalla struttura sanitaria dove era stato trasferito James.

Era un bel posto, per essere un ospedale, vi era un grande giardino con panchine e fontane.

Emily fece per scendere dall’auto, quando si fermò e guardò Aaron.

-non vieni con me?- Chiese, quasi impaurita, come una bambina al primo giorno di scuole, che chiede alla mamma di accompagnarla in aula.

-No! Sono sicuro che sai affrontare questa situazione da sola. Lo devi fare! Sia per te che per James. Quando uscirai, io sarò qui. Vado solo a fare una commissione, e poi avremmo tutto il week-end per noi.- le disse dolcemente Aaron.

Emily esitò abbastanza sulla porta dell’ingresso della strutture ospedaliera.

E se Jimmy non avesse voluto più vederla?

Se fosse ancora arrabbiato con lei?

Raccolse il coraggio ed entrò, un’infermiera minuta e gentile, le sorrise dicendole che James la stava aspettando nel salottino.

-Ciao- disse timidamente Emily

-Ciao!- le rispose agilmente James alzandosi.

-Siediti, avevo proprio voglia di fare due parole con te! Hanno iniziato a darmi le medicine in prigione, e mi hanno spiegato che mi hanno cambiato la tipologia di medicine, poiché le altre non erano indicate a me. E’ per quello che ho smesso di prenderle!-

-James … io…- abbozzò Emily

-Non dire nulla. Quando mi hai portato in ospedale, anni fa, ero arrabbiatissimo! tu mi avevi tradito. Le medicine avevano poi iniziato a fare effetto, ma io ero sempre arrabbiato con te. Anche ieri mattina, ero arrabbiatissimo!-

- e adesso?- chiese Emily.

-Adesso, ho capito che io mi devo curare, che le medicine mi servono per stare bene. E che se io mi curo, anche chi mi è intorno sta bene. Tu, negli anni, ti sei allontanata, ma sono io che ti ho allontanato. Sai, l’agente Hotchner mi ha detto...-

-Hai parlato con Hotch?- Chiese Emily incredula

-Si! È lui che mi ha trasferito all’ospedale questa mattina. Mi è venuto a prendere. E’ lui che ha parlato con i medici per variare la terapia. Mi spiace di averlo colpito! E’ una brava persona, ti meriti di essere felice.-

Concluse Jimmy.

James, si alzò dal divanetto e si diresse verso le stanze dei degenti.

-Se ogni tanto, tu e l’agente Hotchner volete venirmi a trovare...-

Emily, rimase seduta per qualche secondo, ancora incredula delle cose che le aveva detto Jimmy.

Si alzò e si diresse verso l’uscita, sicura di trovare Aaron ad aspettarla, ormai era pomeriggio, e come solitamente accade durante le giornate di sole invernali, benché fosse presto la temperatura stava calando rapidamente, e il sole si stava allontanando rendendo il pulito e freddo cielo invernale di colori e tonalità affascinanti.

Uscì in strada, ma di Aaron non vi era traccia.

Emily si guardò intorno incredula, cercando con lo sguardo l’auto di Hotch.

Nulla!

Dopo qualche minuto, l’auto di Aaron, arrivò veloce, si fermò giusto il tempo di far salire Emily e ripartì veloce.

-Dov’eri finito?- chiese Emily.

-Hai parlato con Jimmy? Ha capito il tuo gesto? -

- Sì!- disse la ragazza.

-ha capito la mia scelta! Sia quella di oggi, che quella che avevo fatto in passato- Disse Emily sorridendo.

-Adesso che facciamo?- chiese Aaron.

-Se non ti dispiace, avrei bisogno di andare a casa. Sono stati giorni abbastanza complicati.- gli rispose dolcemente la donna.

Hotch si limitò ad annuire e continuò a guidare.

Emily aprì lentamente la porta di casa e gettò stancamente la borsa su una sedia.

Si sentiva esausta, voleva tranquillità.

Per un weekend voleva dimenticarsi del suo lavoro e stare con Aaron, soltanto questo.

Hotch sarebbe arrivato da lì a breve, stava parcheggiando la macchina.

Emily si accoccolò sul divano e chiuse gli occhi.

Erano successe tante cose, troppe forse per così poco tempo. Le immagini si mischiavano nella sua mente, aveva bisogno di dormire.

James…

E ora, Aaron…

Passato e presente.

E molto probabilmente anche futuro.

Già, il futuro.. come sarebbe stato? Lei e Aaron sarebbero diventati qualcosa di più che semplici colleghi? Le premesse c’erano, e Hotch sembrava essersi sciolto con lei.
Era una cosa che non regalava a nessuno.

Emily sprofondò nel cuscino, era stufa di pensare.

La porta si aprì producendo un lieve rumore.

Aaron gettò un’occhiata nella direzione della donna, Emily si alzò e gli andrò in contro:

-Stai bene?- sussurrò mentre indicava i graffi sul suo volto.

-Non è nulla di grave. Guarirò.- le rispose, mentre estraeva un pacchetto dalla borsa che teneva in mano.

Lo porse a Emily, che era visibilmente imbarazzata.

Scartò lentamente l’involucro che lo conteneva e si trovò a rigirare tra le mani Il Paradiso di Dante Alighieri.
Era della stessa edizione dell’Inferno e del Purgatorio che campeggiavano sulla libreria alle sue spalle.

Ecco perché aveva fatto tardi all’uscita dalla clinica.

Sorrise così tanto da illuminare l’intera stanza, che era piombata nel buio a causa di un temporale che si stava apprestando ad arrivare.
Mentre sistemava il libro in bella vista, accese la radio che inondò il silenzio che li circondava con la canzone che avevano ascoltato qualche sera prima, quando tutto era cominciato.

If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me
And just forget the world?


Emily si sedette sul divano e Hotch la imitò.

-Hai fame?- gli chiese.

-No.- rispose laconico.

Emily, si alzò in piedi, e si diresse verso la grande vetrata che si affacciava su Washington D.C. . in lontananza, l’Obelisco e il Campidoglio ben illuminati.
Si soffermò a guardare quei palazzi, quel cielo che da sereno si stava trasformando in nuvoloso, guardava i rami spogli degli alberi, che erano scossi leggermente dal freddo vento che si stava alzando sulla città.

- Non voglio svegliarmi ed essere ancora là, legato e immerso nel buio. Non voglio restare solo e non voglio avere paura di non rivederti.- le disse quasi sottovoce, avvicinandosi a lei.

Forget what we're told
Before we get too old
Show me a garden
That's bursting into life


Il cuore di Emily iniziò a battere all’impazzata: le prese la mano e la strinse forte.

Sapeva che era contro le regole del Bureau, le relazioni tra colleghi erano severamente vietate. Ma in quel momento Aaron aveva dimostrato di poter superare queste barriere, se era pronto lui, di certo lei non avrebbe frenato il loro rapporto.

Hotch la baciò dolcemente, mentre la stringeva a sé e la avvolgeva nella coperta.

All that I am
All that I ever was
Is here in your perfect eyes
They're all I can see


La fissò intensamente negli occhi e capì che era arrivato il momento di tornare a vivere. Aveva vissuto nel Limbo per troppo tempo, doveva abbattere quella porta.

-Se mi stendessi qui, lo faresti con me… e ti dimenticheresti del mondo?- gli sussurrò Emily.

Hotch le diede un bacio sulla fronte e si addormentarono così, in una notte dove il temporale scatenava l’inferno là fuori, mentre loro avevano appena trovato il cammino da percorrere per il paradiso.


<<lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.>>(*)


<<il duca ed io, attraverso quel cammino nascosto,
ed essendo vicini alla meta,
non avemmo cura più di alcun riposo,
salimmo su egli primo ed io secondo,
tanto che io vidi di quelle cose belle
che portano al cielo, attraverso "un pertugio tondo"
E quindi uscimmo a riveder le stelle>> (*)



(*) “LA DIVINA COMMEDIA”
di Dante Alighieri Antologia di canti a cura di Stefano Jacomuzzi Ed. SEI Torino 1991


 
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