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...A CRIMINAL VALENTINE'S DAY!

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Cris.Tag
view post Posted on 14/2/2009, 00:13 by: Cris.Tag




Autore: Cristina
Titolo: On reflection
Genere: comedy
Pairing: The Team
No spoiler
Note: reflection, come sostantivo maschile, significa riflesso; come sostantivo femminile invece riflessione
Ma più in fondo, on reflection, vuol dire dopo attenta riflessione. E cosa c’è di meglio che una buona compagnia quando tutto sembra andare storto?


Dedicato agli amici ...
perchè ci sono tanti tipi d'amore!




ON REFLECTION


Già da qualche tempo era sempre più turbato, ma l’ultimo caso lo aveva distrutto.
Stava per commettere un grave errore, proprio di fronte ad un elemento della sua squadra.
Ma la telefonata che aveva ricevuto poco prima di incontrare un nuovo esempio di feccia umana gli aveva rivoltato lo stomaco, fino a togliergli il respiro.
Non sarebbe potuto rimanere calmo di fronte all’S.I.
E come avrebbe potuto?
Erano quei fogli in mano, che lui continuava a girare e rigirare, quasi come volesse rivoltare la propria coscienza, che l’avevano indotto a pensare a Gideon.
Aveva bisogno del consiglio di un amico, non di un collega.
Si pentì di non avergli chiesto nemmeno un recapito telefonico, in caso di urgenza, non si sa mai.

Hai scaricato tutte le colpe su di me, Haley.
Hai visto le mie mancanze ma non hai dato nemmeno un’occhiata alle tue responsabilità.
La senti?
Ti fa male la spina che ti si contorce nel fianco?
Già, ma non lo ammetterai mai.
Ti sto aspettando.
Con o senza di te, andrò avanti lo stesso.


Un pensiero si insinuò nella sua mente, e lo fece entrare con sollievo.
La sua squadra era diventata la sua nuova famiglia.
Pensò a tutti.
Reid, così intelligente quanto impacciato nella vita. Ma senza di lui non si sarebbe salvato.
Morgan, uno a cui affiderebbe la propria vita in caso di pericolo.
JJ, la più fidata di tutti, che si portava sulla coscienza il peso delle proprie scelte.
Garcia, che trovava tutto ciò di cui avevano bisogno senza fare un passo.
Rossi, così bravo nel suo lavoro quanto non ancora disposto a mettersi in gioco per la squadra. Agiva come un leader, ma in realtà era solo, anche lui senza una famiglia alle spalle che lo potesse sostenere.
Avrebbe fatto la sua fine?
Quello che più l’aveva sorpreso era stata Emily. Aveva visto il suo arrivo nella squadra come una imposizione dall’alto, una manovra imposta dai piani alti per poter controllare ogni movimento della squadra. Ed invece si era rivelata la più preziosa dei suoi collaboratori, che non aveva avuto paura di dimettersi pur di non rovinargli la carriera.
C’era qualcosa di strano in lei, ultimamente. Avrebbe dovuto parlarle?
Forse si sentiva stanca e voleva cambiare lavoro.
Dopotutto era abituata a viaggiare, a muoversi in continuazione e vedere posti nuovi.
Tutto quello che lui poteva offrirle era un viaggio per catturare un assassino seriale. Sarebbe bastato?
Che sciocchezza, in fin dei conti si trattava di lavoro! E quei viaggi non erano organizzati per nessuno, anzi, a volte erano un macigno sul cuore di ognuno.
Uno dei fogli che aveva in mano finì sul pavimento, e il rumore silenzioso che fece lo risvegliò da questi pensieri, riportandolo incollato a quella sedia, con la penna in mano per firmare le carte del divorzio consensuale.
Ma perché doveva averla vinta?

Velocità di mano e scherzo del destino. Come il battito del cuore.
Tutto quello di cui aveva bisogno era lì. Era stanco di aspettare, e voleva delle risposte.
Aspetterò senza di te.

Prentiss guardava il suo capo, attraverso quella enorme vetrata che si trovava proprio di fronte alla sua scrivania.
Le bastava alzare lo sguardo, e ogni volta lui era lì a compiere il suo dovere, immerso in carte e burocrazia.
A volte i loro occhi si erano incrociati per sbaglio, e come se si sentisse una quindicenne alla prima cotta, li aveva sempre abbassati con uno strano calore sulle proprie guance, con timore reverenziale.
Dopotutto lui era il suo capo, il suo diretto superiore.
Quello che avrebbe dovuto tradire per salvare il suo lavoro.
Ma non era stata disposta a tanto.
Se la squadra avesse dovuto perdere un elemento, lei sarebbe stata il male minore.

Era arrivata a pensare che avesse una sorta di radar interno che gli dicesse di guardare nella sua direzione proprio mentre lei alzava la testa per far rilassare un attimo i suoi muscoli cervicali.
Era decisamente una donna d’azione, non da scrivania!
Ma sapeva di dover accettare il compromesso perché il lavoro le piaceva. Tutta la squadra le piaceva.
Ma quella sera era chiaro che le cose erano diverse.


Hotch non aveva mai alzato gli occhi da quel foglio. Continuava a leggere e rileggere quelle righe stampate di nero, come se avessero inciso un solco nella propria anima, forti come delle pugnalate.

Tutto ma non questo.
Non posso sopportare tutto questo da solo.


Prentiss vide Hotch alzare la cornetta del telefono. Tasto di chiamata rapida.
Non lo vide premere altri numeri.
E poi quasi volò dalla sedia quando sentì suonare il proprio telefono, quello che aveva accanto a sé, sulla scrivania.
Un pezzo di plastica nera stava suonando, e lei si sentiva in imbarazzo, come se stata colta con le mani nella marmellata. Ci mise un po’ a rispondere, lo guardava come se fosse posseduto da una strana entità.
Non poteva essere lui, perché altrimenti avrebbe dovuto ricredersi sulla capacità del suo capo di leggere il pensiero.
“Agente Prentiss” rispose con finta calma.
“Puoi venire nel mio ufficio?”

Non erano necessarie altre formalità, aveva riconosciuto la voce. I suoi occhi continuavano a fissare la vetrata, dietro la quale il suo capo aveva appena riattaccato, senza distogliere gli occhi da quelle carte.

Aveva bisogno di parlare con qualcuno. E lei era quella persona che non era riuscito a togliersi dalla mente. Si disse che era perché lei aveva vissuto senza un genitore. Con una madre decisa e importante.
E nonostante ciò, era riuscita a diventare un’ottima persona.

Prentiss si alzò come se sotto la sedia fosse scoppiato un incendio.

“Hai bisogno?”
“Sì, Prentiss, accomodati pure, ci vorrà solo un secondo”
Si era deciso a firmare quelle dannate carte, ma ora aveva bisogno di lei.

“Agente Prentiss, come ti trovi nella squadra?” diretto e deciso, senza troppi giri di parole.
Era un adulto e sapeva come fare il suo mestiere.
“Prego?”
“Vorrei sapere se hai avuto delle difficoltà, se ti senti inserita nel gruppo, o trovi che qualcuno ti faccia dell’ostruzionismo, delle minacce velate dall’esterno …”
“Hotch, ma che succede? Perché mi fai queste domande?”
“Ho colto dei segnali contrastanti, e non vorrei che fossi di nuovo messa di fronte ad una scelta da compiere. Sei un valido elemento della squadra, non voglio perderti.”
I suoi occhi si fermarono per un istante a fissare le carte da firmare per il divorzio, nella cartellina azzurra.
Con o senza di te, Haley.
La mia vita va avanti.


Sperava non avesse notato il suo rossore, trovava il suo capo terribilmente sexy con il volto corrucciato dai problemi. Una ruga per ogni pensiero.
E poi quell’ultima frase … non voglio perderti … sapeva che era riferita al lavoro.
Ma non poté fare a meno di notare che era distante anni luce da quell’ufficio, perso in una fotografia che lo ritraeva con il piccolo Jack.
Hotch non si era accorto dei terribili istanti di silenzio in cui era piombato il suo l’ufficio.
Prentiss lo lasciò fare, perché riconobbe il dolore nei suoi occhi.
Cosa avrebbe potuto fare per lui?
Non era solo il suo capo, ma si era rivelato anche un’ottima persona, proprio quando avrebbe tanto voluto sparire dalla faccia della terra.
Si era appena resa conto di aver trovato il lavoro della sua vita, quello che aveva sempre sognato, contro il volere di sua madre … e le avevano chiesto di rovinare la carriera di Hotch.
Forse, se l’avesse fatto, le cose fra lui e Haley sarebbero andate diversamente, ma la sua coscienza non le avrebbe permesso di dormire la notte.

“Ti va una birra, Hotch?”
“Eh?”
Era riuscita a fargli alzare lo sguardo.
“Una birra, sì. Gli altri si stanno preparando per uscire.”
“Ho del lavoro da finire.”
“Aaron, andiamo. Così potrai constatare tu stesso che le cose fra me e gli altri vanno bene. Vedrai, aiuterà anche te.”

Aveva sentito il suo nome pronunciato con una dolcezza che non riusciva a ricordare.
E non poté fare a meno di rispondere all’invito di Prentiss con un sorriso indeciso. “Va bene, Emily”.
Anche il tono della sua voce era cambiato.
Era pronto per firmare.
La mia vita va avanti.
 
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36 replies since 29/1/2009, 21:32   700 views
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